Da un libretto edito dall’Arcidiocesi di Trento. «La “Residenza” di S.Nicolò presso Trento» – origini e vicende -Edizioni Diocesane 1980

 

Di un insediamento su questo colle non si hanno particolari notizie fino al secolo XII: quando alcuni documenti, per lo più notarili, indicano la presenza in quel luogo di una chiesetta dedicata a s.Nicolò e di un ospizio per lebbrosi. …. Un discorso più preciso può essere fatto circa la chiesa di s. Nicolò annessa al collegio dei lebbrosi (molto spesso ricordata da sola, nei documenti, a disegnare l’insieme di quell’istituzione). Conosciamo, infatti, la data di consacrazione (26 luglio 1191) e il nome del vescovo consacrante, Corrado di Beseno.

La lebbra in Italia

I documenti sopra ricordati rendono opportuno un chiarimento circa la diffusione della lebbra nei paesi dell’occidente. Favorito dalle emigrazioni, dai rapporti commerciali, dalle guerre, dal mercato degli schiavi, ecc., il morbo raggiunse le regioni del mediterraneo e i paesi occidentali prima di Cristo; e vi perdurò fino alla fine del secolo XV. Le prescrizioni del Concilio V di Orleans (549) – che ciascun vescovo con il denaro della propria Chiesa provvedesse di cibo e di vesti i lebbrosi della propria diocesi – e quelle del Concilio di Lione (583) – e non sia permesso ai lebbrosi andare girovagando da una città all’altra – indicano che nel secolo VI la lebbra era diffusa in Francia e altrove al punto da pro-vocare interventi caritativi e disciplinari, di cui spesso sono protagonisti gli stessi vescovi.

Anche in Italia la malattia si propagò largamente. Rotari, re dei Longobardi, al quale era soggetto anche il Trentino, nel 643 emanò apposite disposizioni per segregare i lebbrosi dal consorzio civile. Ripudiati dalla società, essi erano ascritti al numero dei trapassati prima ancora della morte .Costatata la malattia, al lebbroso venivano fatte esequie in piena forma: si celebravala Messada morto (e non mancava il catafalco); seguiva la processione, al lugubre suono delle campane; davanti al lebbroso si portava la croce, che poi veniva piantata presso la sua nuova dimora, un tugurio fuori dell’abitato in aperta campagna. Anche il Papa Gregorio II nel 726 e Carlo Magno nel 789 proibirono ai lebbrosi di frammischiarsi ai sani. In Italia, il re Pipino (781-810) mantenne in vigore il codice longobardo.

Coi tempi, l’attenzione ai lebbrosi divenne più umana, specie da quandola Chiesasi rese maggiormente attenta alle loro necessità, sia materiali che spirituali.

 

I” lazzaretti”

La lebbra in Europa dunque non fu ”lo sporco rimasuglio delle crociate; vero è invece che … migliaia e migliaia di spedali per i lebbrosi fra i secoli XII e XIV sorsero in ogni parte d’Europa “. Il Medioevo infatti rese meno dura la sorte dei lebbrosi erigendo un numero ingente di appositi ospedali. In Italia questi vennero denominati lazzaretti o “case di s.Lazzaro” perché- sull’esempio di quello eretto a Gerusalemme nel 1038 dall’Ordine Ospedaliero di s.Lazzaro- erano posti sotto la protezione del povero coperto di piaghe di cui parla la parabola evangelica (Luca 16,20-21)

Moltiplicandosi più tardi i casi di lebbra, vennero costituendosi qua e là interi villaggi di lebbrosi.

A mano a mano poi che sorsero i monasteri, accanto a questi furono edificati anche dei ”lazzaretti” più o meno ampi secondo la possibilità del monastero e le necessità del luogo.

 

Lebbrosari nel Trentino

Nel Trentino- oltre a quello di s. Nicolò, del quale stiamo occupandoci-, si conoscono quelli di s.Ilario presso Rovereto; di s.Tomaso tra Arco e Riva; di s.Lazzaro presso Lavis.

 

L”ospedale” di s.Nicolò

Contemporaneo ai primi lebbrosari sorti in Italia è dunque il nostro di s.Nicolò. Esso sorgeva presso il fiume Adige, sotto il dosso di Sardagna, a circa due miglia dalla Cattedrale, e poco più di un miglio dalla Abbazia benedettina di S.Lorenzo. Il complesso dell’ospizio comprendeva come appare dai documenti- una chiesa, due case (per i sani e per i malati), un cortile, un orto recintato, un mulino e un cimitero.

La chiesa era intitolata a s.Nicolò vescovo di Mira, e aveva un altare dedicato a s.Erardo, dove i fedeli deponevano le offerte per il sostentamento degli infermi.

 

VILLA_S_NICOLO_1970

Rapporto con i Benedettini

Il citato documento del 1182 fa intendere la dipendenza del”collegio dei lebbrosi di s.Nicolò” dalla abbazia benedettina di s.Lorenzo. Viene da pensare che questa possa averne avuto anche l’iniziativa. Nei documenti infatti, fino al 1254, i Benedettini appaiono o come proprietari, o come testimoni, o come”provvisori e amministratori della chiesa e dell’ ospedale”: e insieme anche- come è il caso del prete Enrico- come”fratelli e conversi” cioè come parte di quella comunità.

Sicuramente i Benedettini ne erano ancora responsabili al tempo in cui il vescovo Aldrighetto di Campo diede alla”chiesa di s.Nicolò” appositi statuti. Probabilmente anch’essi vi cooperarono, in base alle esperienze acquisite nella conduzione dell’ ospizio. Dopo il 1254, invece, il monastero di s. Lorenzo (o di S.Apollinare) non viene più esplicitamente ricordato.

La consegna- avvenuta il 7 aprile 1252- al”provvisore di s.Nicolò”, da parte di un incaricato del Vescovo, di tutti gli”strumenti pubblici e altre pertinenze spettanti a quella chiesa” sembra suggerire un passo decisivo al riguardo.

Da quando, nel 1279, appare quale amministratore il prete Siboto(non risulta che sia monaco di s.Lorenzo o s.Apollinare), la conduzione dell’istituto di s.Nicolò assume ancora altra fisionomia.

I documenti stessi vengono redatti presso la sua abitazione, o quella di vari cittadini: solo quelli del 1289 (n°.30) e del 22 aprile 1296 (n°34) sono redatti rispettivamente” nel cimitero di s.Nicolò” e ”davanti all’abbazia”

 

Gli statuti del 1241

Di fondamentale importanza per la conoscenza della vita nel lebbrosario di s.Nicolò sono gli Statuti pubblicati dal vescovo Aldrighetto di Campo il 3 agosto1241”dalla sommità della scala” del palazzo episcopale, dinanzi al Capitolo e ai rappresentanti della comunità di s.Nicolò: Enrico, prete di quella chiesa, e alcuni confratelli sani e malati. Duplice incorporazione (sec. XIV-XV) …

 

VILLA S.NICOLO 1970

 

A) All’abbazia di S.Lorenzo (1308)

La stesura degli statuti dimostra che a quel tempo il lebbrosario di s.Nicolò aveva acquistato una certa consistenza e popolarità. Ciò trova conferma negli altri documenti, dove vengono menzionati lasciti di benefattori, in vita e in morte; e dove si parla di molti affitti e competenze della ”chiesa” di s.Nicolò. Questo stato di cose mutò al principio del secolo XIV, quando tutto l’insieme dell’antico lebbrosario venne incorporato alla abbazia benedettina”di s.Lorenzo.”

La mancanza di ogni memoria nei posteriori documenti giunti fino a noi lascia supporre che l’ospedale sia stato chiuso o soppresso verso la metà del secolo XIV. Come e perché sia ciò avvenuto, se per la scomparsa della lebbra, se per Mancanza di mezzi o perché i suoi beni venissero distratti, e dimenticati gli obblighi che si avevano verso l’ospedale, lo si chiede invano alle memorie di quel tempo. In un documento comunale del 1339 si fa cenno occasionalmente all’”antico mulino” che si trova sul dosso di s:Nicolò presso il rivo di Sardagna; ma lo si dice”rotto”: era quindi in disuso. Questa notizia conferma che ormai da tempo l’ospedale aveva cessato di esistere; e che la località era considerata soltanto un”maso” ossia un bene redditizio.

Tale comunque appare sicuramente circa un secolo dopo, quando il vescovo Alessandro di Mazovia ne destina i beni alla neo costituita Prepositura Tridentina.

B) Alla Prepositura di Trento

Il 10 ottobre 1425 il vescovo di Trento Alessandro di Mazovia (1423-1444), soppresso il monastero benedettino di “s.Lorenzo”(residente a s.Apollinare), ne destinava i beni quale dotazione della Prepositura da lui costituita con il me-desimo atto presso il Capitolo della Cattedrale di s.Vigilio.

Di conseguenza, anche la”chiesa di s.Nicolò” (e le case annesse), già unita a s.Lorenzo, viene incorporata alla Prepositura. Il passaggio dei beni alla Prepositura, tuttavia, avvenne di fatto solo nel 1468, essendo vescovo Giovanni Hinderbach, già preposito del Capitolo. Fino a quando, e in quali proporzioni,la Prepositurasia rimasta proprietaria, non è chiaro dai documenti finora noti.

 

Vicende della”Chiesa di s.Nicolò” (secXII-XVIII)

Origini e consacrazione

Già abbiamo accennato alla consacrazione della chiesa di s.Nicolò, annessa all’ospizio dei lebbrosi, compiuta il 26 lu-glio 1191 dal Vescovo di Trento Corrado di Beseno.

L’atto di consacrazione venne fortunatamente ritrovato dal sac. Giuseppe Fontanarti quando la chiesetta, da tempo decadente e interdetta al culto, venne venduta e destinata ad uso profano.

 

“Insieme con la memoria della dedizione- scrive il Tovazzi- il Fontanari trovò anche una capsula di piombo contenente Reliquie, fra le quali una del s:Vigilio. Sul suo coperchio è inciso l’anno MCXCI in questo stesso modo con l’iscrizione <Conradus Dei gratia Tridentinae Ecclesiae Episcopus>. Siede con mitra bassa, con il pastorale nella destra, e con il libro nella mano sinistra”.

 

 

A cura di Remo Liberi
luglio 2012