“Ex Italcementi” già “prima fabbrica  trentina di cemento Portland Domenico Frizzera

 

Estratto da: LE ORIGINI DELL’ITALCEMENTI DI TRENTO di Roberto Marini in: RIVISTA DELLA SOCIETA’ DI STUDI TRENTINI DI SCIENZE STORICHE A.90 (2011) n.2

La fabbrica in demolizione che possiamo ancora oggi osservare sulla destra orografica dell’Adige, poco a sud del centro storico di Piedicastello, e nota come “ITALCEMENTI” ha subìto trasformazioni nel tempo e deve la sua nascita all’opera industriale ed imprenditoriale di Domenico Frizzera.

Panoramica della fabbrica in dismissione

L’industria dei cementi e delle calci idrauliche inizia ad affermarsi in Europa solo verso la metà del XIX secolo, per quanto riguarda il Trentino l’approvvigionamento di calce e cemento portlantico proviene per la maggior parte da Kufstein in Tirolo, dove già dagli anni ‘60 dell’Ottocento sorgono importanti centri produttivi.

In quel periodo a Trento si registrano poche ditte dedite alla produzione di materiali per l’edilizia, fino a tutti gli anni ‘80 del XIX secolo l’attività dei Frizzera è ancora limitata al commercio dei legnami; negli anni seguenti si aggiungono altre piccole ditte per il commercio e la fabbricazione di calce e laterizi, altre si specializzano nella produzione di manufatti in cemento: a Trento si ricordano Felice Ambrosi e Giorgio Paor (Piedicastello).

La città di Trento alla fine del XIX secolo è caratterizzata da numerose quanto modeste attività commerciali e manifatturiere. Le importanti realtà dell’industria serica sono in via di esaurimento, poche le filande ancora attive, gli opifici più considerevoli si trovano lungo le ancora numerose rogge cittadine oppure nelle zone periferiche. In questi anni tuttavia la realizzazione di importanti linee ferroviarie (la linea del Brennero: Kufstein–Innsbruck–Bolzano–Verona, la Valsugana Trento–Tezze) e l’affacciarsi dell’industria turistica, incentivano in parte anche l’attività edilizia.

In particolare con la realizzazione della linea ferroviaria e la rettifica dell’Adige, la città di Trento si trova di fronte a nuove opportunità di ridefinizione urbanistica: edilizia residenziale e risanamento del centro storico da un lato ed espansione economica ed industriale data dall’introduzione dell’energia elettrica dall’altro.

Grazie anche all’opera del Podestà Paolo Oss Mazzurana iniziano ad intravedersi le dinamiche di espansione commerciale ed industriale per la città di Trento: la localizzazione delle casette operaie al di fuori del centro storico e l’opera di risanamento al suo interno, con il progressivo abbattimento delle mura medievali, le possibili zone di espansione manifatturiera corrispondenti al vecchio alveo dell’Adige, per cui si rendono necessarie opere di bonifica.

Ma veniamo alle origini del nostro stabilimento. Fino agli anni Ottanta del XIX secolo, Antonio Frizzera (padre) possiede un immobile in Santa Maria Maggiore (ex casa Ranzi), in prossimità del quale gestisce una modesta segheria e fa commercio di legnami, servendosi di depositi e magazzini siti in varie località e nei pressi dell’argine dell’Adige. Alla sua morte, avvenuta nel 1887, succedono nell’esercizio aziendale i figli Domenico ed Antonio, anche se sarà il primogenito Domenico Frizzera, il principale artefice della crescita dell’azienda paterna. Una prima svolta nella ditta Frizzera avviene nel corso degli anni Novanta con l’introduzione della fabbricazione della calce idraulica e l’installazione di una fornace per laterizi.

Oltre alla sede di via Rosmini ed allo stabile per la cottura e la fabbricazione della calce idraulica situato alla Malvasia presso Trento, si sa di un impianto adibito primariamente alla fabbricazione dei laterizi e della calce bianca a S. Nicolò (Piedicastello). Di quest’ultimo abbiamo notizia in particolare da un’istanza che Frizzera presenta nel maggio 1898, in cui chiede di “ampliare e modificare secondo i recenti migliori sistemi la sua fornace, a St. Nicolò presso Trento a scopo di asciugatoi per le tegole”.

Per quanto relativo alla produzione della calce, apprendiamo che “per abbattere la roccia onde estrarre il materiale per la cottura e fabbricazione della calce bianca in zole nel mio stabilimento con forno sistema Hoffmann a fuoco continuo a St. Nicolò presso Piedicastello si rende necessario l’uso di mine”; conferma che la cava di calcare si trova in prossimità dello stabilimento, più precisamente,

“La cementeria di Trento verso il 1920”
da: Camillo Fumagalli – “La Italcementi. Origini e vicende storiche” – Italcementi – Bergamo 1964 – pag. 481

com’è specificato nell’atto di sopralluogo, che “le mine verrebbero fatte al piede di questa roccia a partire dal camino della fabbrica fino a distanza di 120 metri di questo camino in direzione della Birreria al Belvedere”. Completano il quadro di questo sistema produttivo le cave di argilla situate nella località “Buco di Vela” nel comune di Cadine.

La dislocazione delle strutture di estrazione e lavorazione dei materiali utilizzate nell’azienda Frizzera è frutto di una localizzazione vincolata da un lato dalle zone di coltivazione delle materie prime, dall’altro dalle disponibilità immobiliari della famiglia in quel periodo.

Il merito dell’imprenditore Domenico Frizzera sarebbe stato certamente quello di comprendere che una maggior razionalizzazione non poteva ottenersi se non con la costruzione ex novo di un moderno impianto industriale, in cui fossero accentrate tutte, o almeno la maggior parte, delle fasi operative del processo tecnologico, determinando la nascita del primo grande stabilimento industriale della città di Trento, unico esempio di tal genere fino all’imporsi del grande capitale italiano e straniero negli anni immediatamente successivi al primo dopoguerra.
Onorevole Municipio. Ho intenzione di creare un’industria totalmente nuova per il paese cioè una fabbrica di cemento portlantico (…). Trattasi di una grande industria per il nostro paese nella quale ad opera compiuta senza il prezzo del terreno impiegherei un capitale di circa Corone 300.000 (…)”.

Domenico Frizzera elabora quindi il progetto per un complesso unico il quale è costituito da due stabilimenti: la fornace per la fabbricazione dei laterizi, e ovviamente la nuova industria per la produzione del cemento portland.

L’atteggiamento di favore verso questa nuova industria è testimoniato anche dalle considerazioni espresse dall’ingegnere municipale Annibale Apollonio che seguono alla domanda del Frizzera: “Al Municipio di Trento! Sono molti i denari che il Trentino e specialmente la città nostra manda ogni anno nel Tirolo nella Carinzia e nella Stiria per provvedersi del necessario cemento portland il cui consumo aumenta di continuo per i molti pietrami artificiali che ora si fabbricano per tutti gli usi. Sarebbe perciò cosa assai utile se sorgesse qui una fabbrica di tale cemento e credo che convenga al Municipio di favorire l’impianto ideato dal sig. Frizzera in tutti i modi possibili (…).”

Si tratta quindi di cedere terreno di proprietà comunale al Frizzera a condizioni particolarmente vantaggiose. Le discussioni tra Frizzera e i rappresentanti municipali devono certamente protrarsi per diversi mesi finché la vendita del terreno viene pattuita, però alle seguenti condizioni:

Domenico Frizzera si obbliga ad erigere entro due anni “uno stabilimento industriale per la fabbricazione del cemento portlantico, di tale estensione che possa essere capace di produrre annualmente almeno 400 vagoni (4000 tonnellate) di cemento portlantico”, mantenendolo in esercizio per almeno cinque anni dalla sua apertura, con una spesa di impianto che “non sarà minore di 100.000 corone”.

Entro tre anni egli deve inoltre provvedere a costruire nell’appezzamento minore “delle case operaie con dormitori e refettori modello per gli operai celibi e con almeno 12 quartieri corrispondenti in tutto alle disposizioni relative agli edifici con abitazioni operaie”, mantenendole “in tal destinazione almeno per 25 anni decorribili dal giorno della loro ultimazione”. Viene posta infine anche una garanzia reale sugli immobili.

Dopo la riuscita della trattativa, Frizzera nel settembre 1905 può dunque finalmente fare richiesta di permesso di fabbrica per il suo innovativo stabilimento. Il fulcro tecnologico della struttura è il nuovo forno Dietzsch, dove avviene la cottura del cemento portland. La costruzione dello stabile che ospita il nuovo forno è poco più a nord della fornace Hoffmann mentre i quattro silos dello stabilimento sono previsti nello stabile di fronte a quello dei forni, separato da una “Via progettata” (dal 1913 via Valeria, ma poi destinata ad essere accorpata nella cementeria), la quale era stata proposta dal Frizzera anche in sostituzione della vecchia via della Fornace che, correndo lungo la parete rocciosa, risulta a questo punto di notevole ostacolo all’attività produttiva. Nello stesso stabile, accanto ai silos del prodotto finito, troviamo dei magazzini (“locali per l’insaccatura o per imbarilamento”), la pesa, la cancelleria e, attigui, i laboratori (“gabinetto di chimica” e “locali per prove giornaliere”). Separati dalla strada di accesso, ma sempre affacciandosi su via Verruca, si trovano i locali con le macchine spaccatrici per la lavorazione del legname e il deposito per la legna. Sul lato opposto, verso sud, altri asciugatoi, cortili e depositi.

I dormitoi per gli operai e le operaie sono invece previsti al primo piano dello stabile prossimo al forno, ovvero al livello superiore delle macchine di trasformazione delle materie lavorate, mentre in altri locali direttamente attigui troviamo strutture di servizio: cucina, refettorio, dispensa, cantina, lavanderia, servizi igienici. Diverse strutture ausiliarie completano il sistema di produzione: officine, stalle, ascensori, strade, sistemi di trasporto su rotaia, gallerie, canali di scolo e filtri per l’aria.

Il successo della nuova industria trentina traspare già nel 1906 quando ancora lo stabilimento non è ultimato, mentre nel 1910, quando l’impianto è ormai a regime, il Frizzera può affermare: “sta in fatto, ed è notorio, che io edificai un grande stabilimento industriale capace di produrre ogni anno non 400 vagoni soltanto, ma più di 800 vagoni di portlantico e che incontrai una spesa di cor. 860.000”.

Con i primi anni del secolo Domenico Frizzera appare sempre più consapevole della sua posizione di imprenditore ed industriale, presa di coscienza che è certamente alimentata anche dal suo impegno in politica; egli viene eletto consigliere comunale di parte liberale nelle elezioni del 1904, riconfermato nel 1907, fino alle elezioni del 1911, quando cessa la sua attività di uomo politico.

Questa raggiunta posizione di forza permette all’imprenditore altre concessioni da parte dell’autorità pubblica, in particolare di temporeggiare ancora nella realizzazione dei quartieri operai.

Nel gennaio 1911 la ditta individuale si trasforma in società a garanzia limitata “Prima fabbrica trentina di Cemento Portland Domenico Frizzera”. La neocostituita società richiede ulteriori, significativi ampliamenti delle strutture produttive, questa volta affermando però di portare ad esecuzione gli impegni presi:

La società si propone di creare il più grande stabilimento industriale del paese (…). La maggiore dimensione che verrà data allo stabilimento ed il conseguente aumento degli operai ed impiegati renderà assolutamente indispensabile la erezione di apposite case operaie e di una casa di abitazione per impiegati, ecc.”.

A tal fine vennero proposte alcune aree comprese tra via Brescia e via Verruca, a nord dell’impianto industriale, e presentati dei progetti di edilizia residenziale per operai ed impiegati, a dire il vero ben distanti dai modelli che erano stati precedentemente utilizzati per i primi insediamenti di Piedicastello.

Stabilimento di Trento – 1927


Alle continue trasformazioni produttive che seguiranno negli anni successivi si alternano innovative intenzioni progettuali destinate tuttavia a rimanere inespresse come ad esempio quella di costruire una condotta idraulica per poter “trasportare l’argilla purificata automaticamente dalle mie cave d’argilla al Buco di Vela in forma liquida con tubature lungo lo stradone e lasciare che decanti in grandiose vasche” o di realizzare un binario industriale di collegamento con la progettata ferrovia Trento–Tione, progetti i quali mettono in particolare risalto alcuni limiti fisici all’espansione dello stabilimento industriale di Piedicastello, nonché la prossimità con il centro abitato, aspetto questo che fin da subito si presenterà come problematico. Risalgono già al 1913 le prime lamentele per i fumi e la polvere, dovute prevalentemente ai processi di combustione ma soprattutto alle fasi di macinazione.

Nel 1911 l’introduzione della nuova tecnologia dei forni rotativi nel rinnovato stabilimento, permette notevoli riduzioni di lavoro favorendo l’automazione del processo e un vantaggioso risparmio sul personale impiegato. Il fabbricato, ospitante il nuovo apparato tecnologico viene realizzato nel corpo di fabbrica tra via Valeria e via Papiria, a sud dei silos per il prodotto finito del vecchio stabilimento, affacciato sulla via di Ravina. Bisogna aggiungere che anche se viene impiantato un solo forno, il fabbricato, su progetto di Emilo Paor, è predisposto fin dall’inizio per la collocazione di due impianti rotativi.

I significativi risultati imprenditoriali e produttivi raggiunti dalla “Fabbrica Frizzera”, simbolo anche di una particolare fase economica e industriale della città di Trento, stanno tuttavia giungendo a conclusione, nel modo più improvviso e drammatico. Il primo conflitto bellico travolge in modo irreversibile non solo l’apice industriale della fabbrica di cemento trentino, ma anche la memoria del suo principale artefice. In questi anni lo stabilimento è costretto all’inattività e spogliato quasi completamente del suo apparato tecnico e materiale.

Nel 1919, in seguito alle distruzioni della guerra e alla morte dell’imprenditore, la “Prima fabbrica trentina di Cemento Portland Domenico Frizzera”, posta in liquidazione, viene acquistata dalla Società Italiana e Società Anonima Calci e Cementi di Bergamo, che dal 1927 prenderà il nome di “Italcementi”.

Luglio 2013