Gli scavi archeologici di S. Apollinare stanno aggiungendo elementi importanti per la storia della chiesa, è utile tuttavia anche uno scandaglio nella documentazione conservata negli archivi per ricostruire le vicende dell’edificio tanto caro ai “pedecasteloti”.

Una prima indagine negli Atti Visitali, conservati nell’Archivio diocesano di Trento, ha permesso di ricostruire con una certa esattezza lo stato della chiesa alla metà del Settecento, quasi cinquant’anni dopo i danni subiti per il bombardamento del 1703 ad opera delle truppe del generale Vendôme, durante la Guerra di successione spagnola.

Gli Atti visitali raccolgono le relazioni dei delegati vescovili, inviati periodicamente ad ispezionare le parrocchie della diocesi, le notizie riportate di seguito sono tratte dagli Atti visitali del 1749, volume 44.

Il nove luglio 1749 il canonico Francesco Felice Alberti, delegato dal vescovo alla visita della parrocchia di S. Apollinare, è accolto dal viceparroco Pietro Trabolti, che ha provveduto ad ornare la chiesa e a far suonare le campane in segno di benvenuto. Questo non impedisce all’ispettore di stilare una relazione particolareggiata, dalla quale risulta che la chiesa era assai decaduta e che del suo antico splendore era rimasta solo l’ombra.

La Chiesa di S. Apollinare in una riproduzione del 1690

Eccone l’impietosa descrizione: “In questa Chiesa si ritrovano trè Altari, e non vi sono, che due Calici dei quali solo uno di proprietà della chiesa, l’altro essendo richiesto alla chiesa prepositurale di santa Margherita.

L’Altare magiore hà bisogno d’un Abiliamento per li giorni festivi non avendo affatto alcun ornamento, che quello feriale, il quale deve anco servire per le Feste più soleni con mormorio non solo de Divoti Parochiani, ma anco Cittadini, che per loro divocione frequentano questa Chiesa, così vicina alla Città”.

È poi necessario “per l’Altare magiore, che questo vengi alzato con trè scalini, e riesca alquanto più maestoso, avendo al presente un sol scalino come li ordinari, e da poi il pavimento di questo sia di pietra, e non di Assi, le quali per non essere sode si solevano con pericolo, che inciampandosi il sacerdote non cadi” .

“Vi sono poi due Altari collateralli uno della Beata Vergine, e questo è decentemente provisto stante che si mantiene coll’elemosine, l’altro poi, è dedicato à S. Rocho, e à questo fa bisogno una sottotovaglia, come pure vengi sì à questo, come à quello della Beata Vergine rasodato il pavimento, il quale è d’assi, come pure rasodato, e stabilito il Muro, al quale è apogiato l’Altare, stante che è sempre pieno di Calcinazi.”.

Necessitano banchi, non essendovene che dieci “malcomposti”, “non venendo anche per questo il Popolo alle foncioni, e s’anoia per dover genufletere in terra.” E’ indispensabile poi un confessionale nuovo, il presente essendo “tutto lacero”, “come pure imbianchire tutta la Chiesa, la quale è diffamata da mostruose, puerili pitture, le quali provocano à riso, come pur far agiustare un quadro grande, il quale alla nostra Chiesa serve d’ornamento, ed al presente hà 18 buchi nella tella”. E’inoltre “di somma necessità un nuovo pavimento essendo il presentaneo malcomposto, pieno di tope, ove si deve caminare guardando ove si pone il piede: da poi due passi appresso il muro invece d’essere tavolete di pietra com’è il restante del pavimento, è composto di Mattoni, ove in ogni picciola escrescenza dell’Adice sorge l’Aqua, e vi mantien l’umido, mentre nella scorsa escrescenza dell’Adice hò dovuto farmi condure col Barchetto fino all’Altare Maggiore per portar fuori il Santissimo, mentre per tutta la Chiesa, e Sacristia era Aqua…”

E infine è ancora necessario “far ristaurare la Chiesa e Campanile, e Mura del Cemeterio cadendone di quando in quando sassi, e se non si ristaurerà col tempo caderà” .

La sacrestia è molto umida, “stante che nell’escrescenza dell’Aque, queste ivi penetrano, ed essendo il pavimento di Mattoni, vi dura l’umidità da un’Anno all’altro, e vi si generano Rane, ed altri insetti, cosichè è sempre umida, e puzzolente” , al punto che si suggerisce di abbatterla e di edificarne una nuova, cosa puntualmente avvenuta vent’anni dopo ad opera del preposto Passi. Il cimitero, infine, è coperto di erbacce e circondato dalle vigne.

La misera situazione, dovuta alla mancanza di risorse, è accentuata dalla deposizione del parroco, Pietro Travolti, trent’anni, che afferma: “D’emolumenti possiedo la canonica che è poco comoda onde mi convien stare ad affitto. Un orto di cui poco cavo per le continue inondazioni dell’Adige…” A queste grame risorse sono da aggiungere una piccola elemosina, da prelevare sulla vendemmia e 80 ragnesi annui, appena sufficienti per mantenere il prelato e amministrare la parrocchia. I lasciti alla chiesa, poi, sono talmente pochi che è inutile anche tenere un registro.

Se le gratificazioni economiche sono scarse, quelle spirituali non sono da meno e lo sconsolato parroco ammette che “Poco è il concorso alla Dottrina Cristiana… e fa compassione il vedere così poco concorso alla Processione raffreddandosi il Popolo per vedere le cose non bene all’ordine.”.

Situazione insostenibile quindi, quella della chiesa di S. Apollinare, alla quale porrà rimedio, nel 1760, la radicale ristrutturazione del preposto Bartolomeo Passi, che fece rialzare il pavimento della chiesa, aprì nuove finestre e fece costruire la sacrestia addossata alla chiesa (distrutta nell’Ottocento) e l’edificio annesso alla chiesa di fianco alla facciata, anch’esso recentemente sottoposto a scavi. Egli commissionò anche l’erezione dei tre altari marmorei tuttora esistenti e fece imbiancare le “mostruose, puerili pitture” medievali, che solo duecento anni dopo saranno riscoperte.

William Belli
Piedicastello, luglio 2008