Parrocchia di Sant’Apollinare in Trento. Iinventario dell’archivio storico (1577 – 2008), a cura della Cooperativa Koinè, Provincia autonoma di Trento. Soprintendenza per i beni librari e archivistici, 2008 – Maggiori informazioni

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Parrocchia di Sant’Apollinare dal:  [1212] – Oggi
Archivi prodotti: Fondo Ufficio parrocchiale di Sant’Apollinare in Trento

Storia

La chiesa di Sant’Apollinare si trova nell’antico sobborgo di Trento denominato Piedicastello ubicato sulla destra del fiume Adige ai piedi del Doss Trento, quest’ultimo identificato anche con il toponimo “Verruca”.
Questa zona ha accolto il primo stanziamento umano stabile della città, composto da popolazioni di origine retica e gallica: lo dimostrano i ritrovamenti archeologici che attestano la presenza di antiche culture umane. La conquista romana cambiò però la situazione: i Romani fondarono infatti la città sulla riva sinistra del fiume da lui protetta e attraversata dalla via Claudia Augusta Padana . La popolazione locale, sentendosi più sicura, abbandonò il Verruca che aveva perso importanza strategica per stabilirsi entro la cinta muraria romana.

Al tempo delle invasioni barbariche il Verruca accolse nuovamente la popolazione di Trento che tornò a rifugiarvisi abbandonando la città e trasferendo nei pressi del dosso anche le spoglie di san Vigilio conservate nella basilica cittadina. Fu molto probabilmente in questo periodo che si rese necessaria la costruzione di un luogo dove esplicare le pratiche di culto; la titolazione a Sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, sembra essere infatti appropriata per una chiesa costruita nel corso del VI secolo .

A mano a mano che la situazione politica venne stabilizzandosi e la popolazione potè lentamente ritornare verso la città, la prima chiesa di Sant’Apollinare perse la sua importanza e assunse funzioni molto più modeste di un tempo anche se a lei sottostava un’ampia zona sulla destra dell’Adige nella quale erano comprese a sud Romagnano e Ravina e a nord la piana della Vela. Così, quando nel 1146 il vescovo di Trento Altemanno decise di chiamare in città un ordine benedettino riformato, quello di Vallalta presso Bergamo, pensò di dotarlo oltre che della chiesa e del monastero di San Lorenzo anche dell’amministrazione dei beni di Sant’Apollinare. La situazione doveva essere consolidata prima del 1183, data in cui venne emanata la bolla di papa Lucio III con cui il pontefice prendeva l’abbazia di San Lorenzo sotto la sua protezione, ne confermava la regola benedettina e tutti i possedimenti fra i quali “ecclesiam sancti Apollinaris cum capellis suis et pertinentiis” .

I Benedettini erano tenuti a mantenere per la cura d’anime un sacerdote che nel 1212 era Ottone “de Sancto Apolenario” . Le antichissime origini di parrocchia vengono confermate da un documento dell’11 giugno 1245 nel quale si afferma “quod ecclesia S. Apollinaris est plebs…” nella quale “celebrat baptisterium” e “habet sub se capellas scilicet illam de Romagnano et Ravina” .

Nel 1235 i monaci benedettini intanto avevano ceduto il loro convento ai domenicani e cominciarono ad approntare a Piedicastello la costruzione di un nuovo monastero, nel quale si installarono nel 1237, e che continuò ad essere chiamato “San Lorenzo”. Il complesso era costituito dalla casa dell’abbate (attuale canonica), da un dormitorio, da un refettorio, da un chiostro e da un orto. I monaci iniziarono inoltre la ristrutturazione della chiesa, diventata implicitamente la chiesa abbaziale, abbattendo una parete risalente ad epoca romana dalla quale ricavarono le pietre e le lapidi romane che attualmente si trovano nell’edificio. I lavori si protrassero fino agli inizi del XIV secolo.

Le vicende politiche del principato videro alla fine del Trecento protagonisti anche i monaci di San Lorenzo che pagarono con la soppressione del monastero il loro appoggio al partito antiaustriaco capeggiato dal vescovo Giorgio Liechtenstein. Infatti il 10 ottobre 1425 il vescovo di Trento Alessandro di Mazovia, succeduto al Liechtenstein, convocato il Capitolo del Duomo, sopprimeva l’abbazia di San Lorenzo e ne devolveva i beni per la fondazione della Prepositura, riservava la nomina dei prepositi al vescovo e procedeva a nominare il canonico Stanislao Dobnowski quale primo preposito . Per quanto riguarda Sant’Apollinare, il vescovo disponeva che fossero eletti dal preposito due cappellani per celebrarvi la messa al posto dei monaci. L’anno seguente, il 12 settembre 1426, una bolla di papa Martino V confermava la decisione presa dal vescovo. I monaci si opposero strenuamente ma del monastero, ormai disabitato e in rovina, rimase solo la casa di abitazione dell’abbate trasformata in canonica e sede del preposito.

Parroco di Sant’Apollinare era quindi il preposito del Capitolo della Cattedrale, seconda dignità dopo quella del decano, che esercitava la cura d’anime tramite dei sacerdoti detti “vicari”. Il rapporto che il titolare intratteneva con i suoi vicari sembra essere basato su una stretta gerarchia: infatti riguardo l’amministrazione della parrocchia “cioè in quei punti che non riguardano l’immediata cura di anime e l’amministrazione dei sacramenti” , il vicario non aveva nessuna autorità e non poteva dare esecuzione a nulla “senza prima ottenerne la mente dal suo padrone”. Essendo la parrocchia di Piedicastello incorporata alla Prepositura del Capitolo, il mantenimento del vicario, facente le veci del parroco, spettava allo stesso preposito. Sembra però che al sacerdote venisse assegnato un onorario esiguo nonostante le rendite pingui della parrocchia. Oltre allo “stipendio” fornito dal preposito egli percepiva i diritti di stola e il ricavato dalla generosità di alcune persone che, nel corso del tempo, avevano donato parte delle loro proprietà, dietro obblighi missari, a favore del mantenimento del vicario.

Uno dei più importanti legati fondati a favore del parroco fu quello istituito da Rocco Castelli da Piedicastello con testamento del 6 giugno 1775. Egli ritenendo infatti “assai tenue” la rendita del “pievano o sia rettore d’anime della venerabile parrocchiale di Piedicastello”, mise a disposizione alcuni suoi beni con l’obbligo della celebrazione di due messe settimanali presso l’altare privilegiato della Madonna e di altre otto da celebrarsi durante l’anno; dispose inoltre di provvedere all’illuminazione dello stesso altare e alla distribuzione di denaro ai bisognosi di Piedicastello.

Altre fondazioni istituite in parrocchia andarono a contribuire alla rendita del parroco come, ad esempio, il legato di Giovanni Broseghin istituito il 14 luglio 1769, quello del conte Carlo Lodron del 6 ottobre 1730, quello di Bartolomeo Rizzi istituito il 3 dicembre 1736, quello di Francesco Vigolin e di Bernardo Zampedri .

Tornando alle vicende del borgo di Piedicastello nel corso dei secoli, si può notare che le sue condizioni durante il secolo XVI andarono sempre più deteriorandosi fino a trasformarsi in luogo in cui venivano confinati tutti i poveri e i vagabondi della città e più tardi ancora, nel secolo XVII, venne persino ridotto a lazzaretto per gli appestati. Nel 1703, in seguito alla guerra scoppiata tra l’Impero austriaco e la Francia, Trento venne assediata e bombardata dall’esercito francese e la zona di Piedicastello venne completamente rasa al suolo. Anche la chiesa di Sant’Apollinare, incendiata, subì in quell’occasione numerosi danni. A questo si aggiunse il fiume Adige che, per mancanza di dighe e per il continuo innalzamento del suo letto, spesso invadeva il pavimento della chiesa. “Durante la stagione delle grandi piogge la casa di Dio si convertiva in una rospaia schifosa, per modo che per mesi interi si dovevano sospendere le sacre funzioni” .

Nel 1760 il preposito Bartolomeo Passi intraprese i restauri dell’edificio cercando di rimediare alle infiltrazioni dell’Adige facendo innalzare il pavimento della chiesa di qualche metro, interrando l’antico portale romanico ed aprendone uno più in alto. In quell’occasione fece aprire nuove finestre e trasportare all’interno, collocandolo su uno dei tre altari realizzati ex novo, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino in braccio che si trovava sulla facciata esterna.

Nel corso degli anni si approntarono diversi interventi di miglioramento, manutenzione e restauro sia per quanto riguarda l’interno che l’esterno dell’edificio, nonché del campanile che subì nel tempo ben due innalzamenti.

Don Vittorio Speccher, nella sua cronachetta redatta tra il 1901 e il 1940, descrive la chiesa con la pianta che forma “un quadrilatero due volte lungo quanto largo” diviso da un arco trionfale a tutto sesto formante due campate pressoché uguali, la nave e il coro. Gli altari settecenteschi sono in stile barocco, quello di sinistra è dedicato alla Madonna, mentre quello di destra a san Giovanni Nepomuceno. L’altare maggiore, dedicato al patrono, è munito di pala dipinta nel 1517 dal pittore tedesco Altdorfer ed affiancato ai suoi lati dalle statue di san Vigilio e di sant’Apollinare realizzate nel 1711 dallo scultore bresciano Alessandro Calegari.

Nel 1859 venne realizzata una bifora romanica sopra l’altare maggiore, disseppellito l’antico portale romanico e rimesso in opera.

Nel 1901 vennero riparati i banchi staccandoli dalle pareti. Don Speccher ricorda ancora che nel 1904 le due statue poste ai lati dell’altare maggiore furono provviste dei pastorali, dei quali erano da tempo privi, realizzati in legno argentato con ricci d’oro. Nel 1907 venne dipinta la nicchia del battistero e munito il fonte battesimale di un nuovo cancello, fu provvista molta biancheria e fatti argentare diversi vecchi candelieri.

Altro intervento venne fatto per favorire un miglioramento della qualità dell’ambiente interno, più volte invaso dall’esondazione dell’Adige, mediante l’acquisto nel 1910 di un apparato di disinfezione e di deodorazione dell’aria. Nel 1914 si intrapresero i lavori per il rifacimento del tetto di scandole affidandoli alla ditta Giuseppe Gelpi. Il 17 luglio 1921 vennero benedette le nuove campane a sostituzione di quelle fatte togliere nel 1916 dall’autorità militare.

Don Speccher dichiara che per anni la parrocchia di Piedicastello rappresentò la “cenerentola” delle parrocchie cittadine e che di questa situazione ne risentiva non solo il sacerdote ma anche la chiesa tanto che i pochi arredi sacri di cui godeva erano stati donati dalla confraternita del Santissimo Sacramento e da quella della Madonna.

Per quanto riguarda però la situazione del curato, questa andò lentamente migliorando fino alla legge del 1898 relativa alla sistemizzazione dell’onorario dei curatori d’anime. Ad ottenere i maggiori vantaggi dalla nuova legge fu senza alcun dubbio don Giovanni Battista Inama, preposito dal 1902 al 1908, il quale, nel 1903, presentò una fassione che venne favorevolmente liquidata dal Governo portando finalmente vantaggio sia al vicario che alla chiesa.

Nel Novecento il desiderio e la volontà di svincolare la parrocchia dalla Prepositura si fece più pressante, ma si dovette giungere fino al 1966 per avere il parere positivo dell’arcivescovo e del consiglio di amministrazione della Curia aricivescovile; l’11 gennaio 1967 si ottenne anche il consenso del Capitolo . Il 7 marzo 1967 un decreto arcivescovile sanciva definitivamente che la parrocchia di Sant’Apollinare era ufficialmente separata dalla Prepositura del Capitolo della Cattedrale. Con decreto del Presidente della Repubblica del 7 febbraio 1969, n. 49 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 74 dd. 22 marzo 1969 la separazione viene riconosciuta anche agli effetti civili “con attribuzione alla chiesa parrocchiale omonima di un complesso  immobiliare, stralciato dal patrimonio dell’anzidetto canonicato, consistente nell’edificio sacro, nei piazzali annessi, nel cimitero parrocchiale e nella casa canonica con orto attiguo”.

La parrocchia di Sant’Apollinare inglobava anche la cura delle anime di Ravina e Romagnano ; le popolazioni delle due località partecipavano alle processioni del Corpus Domini, del Santo Patrono e intervenivano ad altre sacre funzioni presso la chiesa matrice .

In applicazione della Legge n. 222 del 20 maggio 1985 e dei DD.MM. 21 marzo 1986 e 30 dicembre 1986 nell’ente Parrocchia di Sant’Apollinare con sede a Piedicastello confluirono i beni degli enti Chiesa di Sant’Apollinare e Beneficio parrocchiale di Sant’Apollinare che erano stati soppressi.

Con D.M. del 30 dicembre 1986, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 1987, la parrocchia di Sant’Apollinare è stata dichiarata persona giuridica (Tribunale di Trento, Registro persone giuridiche, n. 576).

 

ELENCO DEI VICARI PARROCCHIALI DI SANT’APOLLINARE

1577-1592 Iosepho Barilino ‘novareso’

1592-1606 Giovanni Battista Valentini

1606-1614(?) Lazzaro Metello

1615-1616 Gregorio Sesino

1616-1629 Ferdinado Avancium

1630-fine a. Pietro Calvi

1631-fine a. Pietro Pompeati

1631-1637 Andrea Pauleti

1638-1647 Giovanni Paolo Parisi

1648-fine a. Martino Paglia

1649-1656 Alessandro Ventura

1656-1679 Ambrogio de Zentati

1680-1711 Giovanni Francesco Plozzoler

1712-1718 Felice Ippolito Madernini

1718in. Giovanni Domenico Finardi

1718-1729 Francesco Trent Turcati

1729-1739 Bartolomeo Ricci

1740-1746 Giacomo Antonio Signorini

1747-1748ex. Giovanni Battista Vivaldi

1748-1751ex. Pietro Ignazio Trabolti

1751-1755 Pietro Minati

1756-1768 Antonio Caracristi

1768-1796 Lodovico Giuseppe Martinolli coadiuv. da Giovanni B. Vivaldi, Giorgio Prati e Antonio Conci

1797-1800 Domenico Antonio Rigotti

1800-1817 Domenico Benigni

1818-1832 Giacomo Antonio Gilli

1832-1833 Giuseppe Andreolli

1833-1848 Giovanni Mattevi

1848-1853 Francesco Saverio Battisti

1853-1855 Giovanni Battista Andreolli

1855-1858 Giovanni Berrera

1858-1863ex. Giovanni Nepomuceno Hartmann

1863-1883 Mosè Marinelli da Trento

1883-1885 Saverio Ciola da Levico

1885-1899 Sante Facchini da Imola

1899-1901ex. Germano Dalpiaz da Terres

1901-1940 Vittorio Speccher da Trento

1941-1944 Adelio Frasnelli

1945-1946 prima metà – VACANZA –

1946-1956 Luigi Moresco

1957-1958 Carlo Bergamo

1958-1965 Albino Pederzolli

1966-1969 Renzo Agostini – primo parroco –

1970-1980 Lionello Corradini

1981- 2017 Pietro Rattin

2017  Mauro Leonardelli (assieme alle parrocchie della zona pastorale di Trento Nord)